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Addio Padre…

Mi piace pensare che Qualcuno abbia voluto che io ci fossi proprio mentre Don Mario se ne andava, in silenzio, quel venerdì 18 agosto nella sua casa a Porchiano, quella casa che egli abitava da 71 anni e nella quale molti della mia generazione sono cresciuti, hanno trovato accoglienza nelle lunghe domeniche d’inverno passate a giocare con i giochi che comprava per noi, a leggere i suoi libri, ad organizzare pesche di beneficenza, piccoli spettacoli teatrali, animazione per i bambini del catechismo, a preparare i canti per le celebrazioni aiutati dal vecchio registratore “Geloso”. Parecchi di noi sono ricorsi alla sua competenza per “riparare” le lacune in matematica e latino.

Don Mario Santini, 95 anni, è tornato alla casa del Padre. Era sacerdote dal 29 giugno 1946, nello stesso anno era stato nominato vice parroco della Parrocchia di San Simeone a Porchiano del Monte, a fianco di Don Giuseppe Zappetelli al quale succedette come parroco nel 1952. Da allora è rimasto nella stessa parrocchia fino al giorno della sua morte. Ha svolto molti compiti nella sua lunga vita, ma queste notizie sono facilmente reperibili, basta leggere gli articoli usciti in questi giorni su vari siti, in occasione delle sue esequie.

Io preferisco rivolgere l’attenzione all’uomo, la persona che nella sua comunità ha svolto, oltre al ministero pastorale, un ruolo sociale importante per la crescita del paese.

Non aveva un carattere facile, era tenace fin quasi alla testardaggine, individuato un progetto procedeva a testa bassa fino alla realizzazione, spesso scontrandosi con le istituzioni o con i parrocchiani che magari non condividevano la sua linea d’azione, ma di una cosa si può essere certi: non inseguiva nessun tornaconto personale, procedeva in vista dell’attuazione di ciò che riteneva importante per la Parrocchia e la sua comunità cristiana. A questo proposito mi viene in mente la costruzione dell’asilo infantile, oggi adibito a residenza per gli anziani, i restauri degli affreschi nella chiesa di S. Antimo, piccolo gioiello immerso nel verde della campagna, il restauro della chiesa e della statua di Santa Cristina, patrona del paese, nei confronti della quale ha sempre stimolato la crescita della devozione. Tutti ricordano i pellegrinaggi che organizzava, ai quali partecipava buona parte dei parrocchiani: le mete comprendevano spesso santuari mariani, ma, grazie alla sua profonda cultura, sapeva individuare nel percorso anche siti di grande interesse artistico.

Era un esempio di attaccamento alla vita: negli ultimi anni, più volte era stato colpito da malattie anche piuttosto gravi, eppure era sempre presente alle celebrazioni e la mattina lo si incontrava seduta alla panca davanti alla bottega del barbiere mentre leggeva il giornale: “I titoli più grandini li leggo senza occhiali, ma l’articoli no!”, mi aveva detto qualche settimana fa, chiedendomi di portargli gli occhiali che aveva dimenticato a casa.

Proprio perché era stato capace di rialzarsi ad ogni caduta ci eravamo abituati all’idea che ci sarebbe sempre stato. Noi, che siamo cresciute con lui, ci sentiamo unite, oggi più che mai, alla sua famiglia che tanto amava, ad Anna, Luciano ed Andrea, nel ricordo di un uomo che consideriamo un secondo padre.

Tre anni fa pubblicammo un opuscolo sulla storia della devozione a Santa Cristina a Porchiano, lui ci fornì molto materiale ed io gli dedicai alcuni versi. Gli portai la “poesia” in un quadretto che appese nello studio, si commosse, ma aveva molto pudore dei suoi sentimenti, e, per sdrammatizzare, mi disse: “Famo così, se moro prima io la leggi te al mio funerale, se mori prima te, la leggo io”.

Non credo fosse molto convinto che l’avrei letta io!

(Articolo di Maria Luigia Grisci, apparso su Il Banditore di Amelia di settembre 2017)

Il lavatoio

Nel 2011 il Comune di Amelia decise di demolire il vecchio lavatoio di Porchiano, collocato a ridosso delle mura che in quel tempo stavano subendo un intervento di manutenzione. Fece questo anche a seguito di una riunione in cui gli intervenuti si espressero in maggioranza a favore di questa soluzione. A distanza di qualche anno, i dubbi e le perplessità su una scelta del genere e sul modo in cui fu presa, tornano ciclicamente sui social network. Secondo alcuni infatti, l’ordine del giorno di quella riunione sarebbe stato piuttosto vago e non avrebbe indicato chiaramente che si trattava di decidere le sorti del lavatoio. Nel caso, ci sarebbero stati più partecipanti contrari alla sua distruzione. Secondo altri fu comunque una scelta sbagliata, visto che quel luogo era stato utilizzato nel tempo da genitori e nonni e aveva un valore storico ed affettivo molto alto. Oggi lì non rimane più nulla e qualcuno avanza l’ipotesi di poterlo ricostruire, sebbene non avrebbe il valore storico – almeno per il momento! – come quello precedente. A ricordo di quel bel lavatoio Anna Laura Proietti ha realizzato un quadro di maioliche e Maria Luigia Grisci ha scritto una poesia, che abbiamo pubblicato tempo fa e che volentieri riportiamo nuovamente qua sotto.

La fontana

Narravi muta
di acqua che canta
di fatiche lavate da povere vite
di panni battuti poi torti
di quotidiani affannosi pensieri
di noi che ci raccontavamo sogni
o favole
di pensieri bambini
al profumo di sapone.
Narravi muta
Di sudori vestiti di stracci
Di piedi tra il fango
Di storie ascoltate e vissute
Di trame di tela intessute ad avvolgere dignità antiche
Di omeri carichi e salite
Di mura che accolgono odori
Di passi veloci tra pietre roventi.
Da un lavatoio antico
L’acqua, non la memoria scorre via
E’ presente e futuro
Per i nostri figli
Che non sanno.

lavatoio_01 lavatoio_02

Vento di radici

Una poesia di Maria Luigia Grisci, dedicata al vento che spesso soffia tra le mura di Porchiano.

Era un vento bianco
rabbia di nuvole livide
da lontani orizzonti di piombo
aghi di cristallo su rami dilatati nel cielo
piallava lucore d’inverno.
Era un vento buono
respiro affannato delle mie colline
alito freddo di vicoli
caldi d’umanità
schiaffeggiava il viso.
Era un vento allegro
giostra colorata di sole
tra panni odorosi di cenere e alloro
distillato di aromi che lavano vite
suonava fragranze d’Aprile.
Era un vento amico
sibilo di pertugi tra mura
impastate di fatica
racconto di fiabe
tra lenzuola di braci roventi
trasportava sogni.
Ancora
mi canta dentro
l’aria delle mie radici.

La fontana

Una poesia di Maria Luigia Grisci.

Narravi muta
di acqua che canta
di fatiche lavate da povere vite
di panni battuti poi torti
di quotidiani affannosi pensieri
di noi che ci raccontavamo sogni
o favole
di pensieri bambini
al profumo di sapone.
Narravi muta
Di sudori vestiti di stracci
Di piedi tra il fango
Di storie ascoltate e vissute
Di trame di tela intessute ad avvolgere dignità antiche
Di omeri carichi e salite
Di mura che accolgono odori
Di passi veloci tra pietre roventi.
Da un lavatoio antico
L’acqua, non la memoria scorre via
E’ presente e futuro
Per i nostri figli
Che non sanno.

Maria Luigia Grisci vince il premio Mimosa

Prestigioso riconoscimento per Maria Luigia Grisci che si è aggiudicata a Narni il premio Mimosa, un concorso di scrittura narrativa organizzato congiuntamente dal Comune di Narni e dall’associazione Minerva. Il tema di quest’anno era “Il lavoro che dà vita o il sogno perso tra le fauci dell’ingiustizia”. Maria Luigia ha vinto presentando il suo lavoro dedicato alla madre, “Cenere e alloro”. Congratulazioni!