La sbrecciatura

“Vo a sbreccià'”, “annamo a sbreccià”, espressione degli anni Cinquanta, un po’ arcaica, per dire che si andava a bonificare i terreni dai ciottoli più o meno grandi, come la breccia, per agevolare le varie operazioni agricole. Terreni di origine alluvionale, formatisi nelle varie ere geologiche, pieni di pietrisco sedimentatosi a causa della continua erosione delle colline che delimitano il bacino. La raccolta veniva fatta da più persone, che avanzavano a ventaglio, precedute da un carro trainato da buoi che serviva da contenitore.

La sbrecciatura era organizzata dal proprietario del fondo o dal mezzadro che lo coltivava; nel caso che riporterò, siamo stati noi ragazzi adolescenti degli anni Cinquanta (Romolo, Bruno, Giovanni, Aldo, Rolando, Lodovico ed altri) a farlo. Quando gli impegni scolastici lo consentivano, il gruppo era sempre organizzato e condotto da Romolo, perché era l’unico a conoscere benissimo il percorso per raggiungere la valle Rignana e i campi dell’omonimo casale, condotto a mezzadria dal nonno Leandro Giontella.

Si andava la mattina di buon’ora e si tornava la sera tassativamente a piedi; la camminata e il pensiero della giornata impegnativa che ci attendeva, non erano di alcun peso. Essere i protagonisti per una giornata intera, disporre liberamente di tanto tempo, ci appagava e ci rendeva immensamente spensierati e felici. Felicità che si completava, a fine mattinata, quando il buon Leandro arrivava con la cesta della merendona piena di cose buone (ricotta, formaggio, prosciutto), sapori e odori a quei tempi molto desiderati, che purtroppo non facevano parte della quotidianità.

I nostri genitori erano certamente al corrente e consenzienti della nostra iniziativa, perché vedevano in essa i primi segni della maturità e della consapevolezza. Avevano compreso che la cinta delle mura castellane del paese era diventata per noi un po’ stretta, e c’era l’occasione per assecondare il desiderio e la necessità di uscirne.

Altri tempi? Sicuramente tempi diversi da quelli attuali: allora bastavano cose semplici come la “sbrecciatura” per renderci contenti e felici; oggi fare quanto descritto sopra sarebbe impossibile, perché denunce e divieti sarebbero infiniti.
Guardo a quel periodo con nostalgia e sono contento di averlo vissuto con pienezza e felicità.
Gli adolescenti di oggi, assediati e prigionieri come sono delle moderne necessità informatiche, potranno dire la stessa cosa?

(Articolo di Aldo Perelli, apparso su Il Banditore di Amelia di Amelia di febbraio 2018)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.